Questa è la storia di un pesce di cartapesta, nato per caso in un giorno di pioggia.

Cosa può accadere quando sei al mare con i bambini e la giornata è uggiosa, il morale della ciurma è basso, e hai appena finito di guardare l’ennesima replica di Muciaccia con il suo Art Attack?

Che vai al supermercato e ti attrezzi di palloncini, colla vinilica e colori a tempera. I quotidiani non mancano mai…quindi?

Pesce in cartapesta colorato - la storia da raccontare ai bambini.

E’ nato proprio così il nostro pesce, e lo abbiamo battezzato Albino. Nulla a che vedere con il colore bianco, anzi lo abbiamo dipinto coloratissimo. Il nome è ispirato a un personaggio – vero o di fantasia? – che nella sua vita di colorato ha davvero poco, ma che ha saputo darmi uno spunto per questo breve racconto  sull’importanza delle piccole cose.

Buona lettura | Cristiana

Ps: non vi lascio il tutorial di come fare il pesce in cartapesta perché Muciaccia è molto più bravo di me. Potete vedere i tutorial Art Attack nel canale Youtube.


La storia di un pesce di nome Albino.

(Favola della buona notte inventa e scritta da Cristiana Rosada)

 

C’era una volta un pesce di nome Albino.

A dispetto del suo nome era coloratissimo: squame di un bel blu acceso, con dei cerchi arancioni su tutto il corpo. Bocca e pinne erano gialle come il sole, occhi rotondi e sporgenti lo facevano sembrare quasi un ranocchio. Albino non era un pesce comune, sapeva parlare e fare magie. Proprio per questa sua capacità di comprendere la lingua degli uomini era sempre molto attratto da loro, e spesso si spingeva fin sotto la passatoia del porto per ascoltare i discorsi degli umani.

Un giorno verso il tramonto, si trovava a nuotare vicino una vecchia e sconquassata barca a remi, quando fu attirato in una trappola. Venne catturato da un vecchio dalla corporatura minuta. L’uomo era basso e secco, con la pelle scottata dal sole, e gli occhi grigi e arcigni. Si chiamava Liberio ed era la persona più scontrosa che Albino avesse mai incontrato.

L’uomo appena vide quel pesce così rotondo e strano rimase sorpreso, ma poi esclamò:

“Ho sentito dire che i pesci di questo lago sono buonissimi, sarai ottimo per cena!”

Albino non aspettò nemmeno un attimo per controbattere: “Non mi puoi mangiare, io sono un pesce magico.” Ma l’uomo non voleva sentire ragioni: magico o no a lui serviva la cena e avrebbe cotto in padella quel pesce.

“Se mi lasci vivere ti prometto che entro domani mattina la tua vita cambierà in meglio!” propose in fretta il pesce Albino. “Dubito molto di questo, ma sono stanco e voglio ritornare a casa. Tu verrai con me e se entro domani mattina non accade nulla, farina e olio saranno la tua tomba.”disse Liberio.

Il vecchio prese un secchio, ci mise dentro il pesce, un po’ d’acqua, raccolse le sue cose e si avviò verso casa.

Quando arrivarono a casa il pesce vide una maestosa villa, molto diversa dalla misera capanna che si era immaginato di trovare. Albino era stato tratto in inganno dalla misera barca e dai vestiti laceri dell’anziano. “Come posso migliorare la vita di chi abita già nel lusso?” Si chiese.

Anche l’aspetto dell’abitazione di Liberio era austero e incuteva una certa paura. Grandi finestre con inferiate altissime, un portone d’ingresso alto come un palazzo e delle stanze tutte rivestite in marmo, così lucido da far chiudere gli occhi.

Il pesce chiese: “Non sei un povero pescatore. In quanti vivete in questa grande casa?”

“Io solo, e sto bene così! Non voglio che venga a trovarmi gente inutile.”

Il pesce incalzò con un’altra domanda: ”Ma non hai figli o qualcuno con cui dividere tutta questa fortuna?”.

L’uomo appoggiò violentemente il secchio sul pavimento della cucina, poi si inginocchiò per cercare nello scaffale più basso un contenitore di vetro trasparente, abbastanza grande da contenere il pesce: “Non ho figli, mai voluti, mai avuto bisogno di compagnia, neppure della tua. Mai detto di essere povero, e questa casa è della mia famiglia da generazioni. E adesso silenzio altrimenti la vedi la padella?” Disse l’uomo sventolando in aria un padellone enorme.

Il pesce si zittì e sprofondò nei suoi pensieri. Come fare per migliorare la vita di un uomo che aveva già tutto e non voleva nessuno accanto a se? Un bel dilemma per Albino, ma doveva affrettarsi. Le ore passavano e la mattina dopo all’alba sarebbe diventato un pesce da colazione.

Trascorsero la serata in silenzio, l’uomo consumò un pasto frugale. Dopo andò al piano superiore e portò con se la boccia con il pesce. Posandola sul comò esclamò:

“Se sei davvero magico come dici di essere, perché non fai una magia e ritorni nel lago?” Il pesce rispose: “Le mie magie devono essere a fin di bene e mai rivolte verso me stesso.”

“Bella fregatura!” disse l’uomo e chiuse la luce immergendosi tra le coperte vaporose di un grandissimo letto.

Rimasto al buio Albino, che era davvero magico, fece un balzo e si tuffò dentro un suo orecchio e da qui entrò nei sogni dell’uomo. Doveva fare presto e capire come avrebbe potuto cambiare in meglio la vita di Liberio. Forse nuotando tra il mare dei suoi ricordi avrebbe potuto scovare qualcosa di utile.

La salita verso la corrente del passato dei ricordi non fu per nulla facile. La mente di quell’uomo era come un mare in tempesta, buio e agitato. Si vedeva pochissimo e a peggiorare la situazione soffiava un forte vento che gonfiava le onde e si mescolava ai ricordi più tristi. Ad un certo punto ad Albino parve di scorgere una piccola luce, come una boa lucente, che veniva spinta qua e là dalle onde. Il pesce si avvicinò e con grande sorpresa vide che era una piccola lanterna galleggiante. La luce veniva dal suo interno ed era la fiamma di una candela tenuta in mano da una giovane donna, dai capelli lunghi e color argento. Era una donna di bell’aspetto, ma con il volto triste. Una grossa catena teneva chiuse le sue ali trasparenti come quelle di una libellula, impedendole quasi ogni movimento.

“Chi sei e perché ti trovi nel mare dei ricordi di questo uomo tanto orribile?” chiese il pesce. La donna alzò lo sguardo: ” Sono l’unico ricordo bello che Liberio abbia conservato, ma più passa il tempo e più la luce si affievolisce. E’ rimasto ancora poco tempo. Anch’io sparirò. Ero il suo amore, ma seguii mio padre in un altro paese e da allora non ci incontrammo più. Lui non mi ha dimenticato, anche se sono passati molti anni e il suo cuore è sempre più freddo e chiuso”.

“E io come posso aiutarti?” chiese il pesce.

Il ricordo sospirò: ”Al risveglio regala all’uomo un ombrello e chiedergli di fare un autentico gesto di libertà prima che il sole tramonti, vedrai che mi libererò perché il suo cuore sarà tornato a sognare.”

All’alba, poco dopo il sorgere del sole, l’anziano uomo si svegliò. Appena messo il piede fuori dal letto vide che il pesce era ancora lì, ma accanto alla sfera era appoggiato un ombrello.

“Cosa me ne faccio di un ombrello? Non posso neppure usarlo con quella ridicola fantasia a fiori. E di certo non cambierà la mia vita.” Disse stizzito l’uomo.

“E invece è magico e se saprai fare un vero atto di libertà a qualcuno entro il tramonto di oggi, lui ti porterà il un luogo dove la tua vita cambierà in meglio.”

Il vecchio guardò il pesce con occhi fulminei. Non credeva molto a quello che aveva detto, ma la sua avidità era più forte e, pensando di poterci ricavare dei soldi, decise di uscire di casa portandosi il pesce nel secchio, a cercare qualcuno o qualcosa da liberare.

Liberio provò tutto il giorno a fare un vero atto di libertà: ma il suo cuore era talmente chiuso che non riuscì a ricordarsi di nessuno che conoscesse che avesse bisogno di libertà. Arrivò il tramonto e l’uomo si ritrovò sconsolato sulla stessa banchina della sera prima. Guardò il secchio che era appoggiato per terra e sedette con i piedi penzoloni sul lago.

Era così bello e sereno quello specchio d’acqua al tramonto, così pacifico che gli occhi gli si inumidirono dalla nostalgia.

“Tu avevi promesso che la mia vita sarebbe migliorata e invece non è accaduto nulla. Oramai è quasi sera, e io sono molto stanco.” Disse l’uomo asciugandosi gli occhi: “Torna in acqua, così almeno non dovrò più sentire la tua voce lamentosa e tutto tornerà come prima.”

Detto questo rovesciò il secchio e Albino tornò a guizzare nell’acqua del lago.

“Finalmente!” Esclamò il pesce: “Finalmente hai capito chi dovevi rendere libero. Apri il tuo ombrello e quello che ti avevo promesso accadrà. Addio e buona fortuna.”

L’uomo aprì l’ombrello, e una brezza lo sollevò da terra con tutti gli stivali. Girò e girò per un tempo indefinito nel cielo, sempre sospeso dal suo ombrello magico. Alla fine atterrò su di un’isoletta. Sulla spiaggia c’era una capanna e poco più in là una donna, esile e dai capelli argento, intenta a raccogliere dei frutti. Liberio le si avvicinò e il suo guardo s’illuminò improvvisamente. Nel volto di quella esile anziana riconobbe la giovane donna che un tempo era stata il suo amore giovanile. L’abbracciò tenendola stretta e lei lo ricambiò con un tenero bacio. Da allora i suoi occhi non furono più cupi e grigi ma luminosi come il sole del mattino.

Liberio e la sua amata, tornati giovani grazie a una magia del pesce Albino, trascorsero il resto della loro vita su quell’isola, dove ogni tanto anche lo strano e colorato pesce tornava per chiaccherare con  il suo nuovo amico.

 

Happy end!

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